L’assoluta libertà di espressione è una caratteristica peculiare della rete. Come tale, essendo un indispensabile e fondamentale mezzo di informazione libera, deve assolutamente essere preservata. Tuttavia, c’è un inevitabile aspetto negativo che deriva da questa estrema libertà: la circolazione di informazioni non controllate, talvolta totalmente errate, che sfiorano, e spesso oltrepassano, il confine dell’idiozia. L’ultima idiozia che mi è giunta a conoscenza è quella, riportata da un sito (di cui non voglio fare il nome) che, solennemente, ha affermato che un derivato della cannabis sarà usato per la cura del glaucoma. Faceva riferimento alla palmitoiletanolamide, definita, appunto, “un derivato naturale della cannabis”.
Una volta per tutte:
la palmitoiletanolamide NON è un derivato della cannabis. E’ un’amide di un acido grasso contenuto in molti alimenti, presente naturalmente anche nelle cellule umane. La palmitoiletanolamide aumenta gli effetti degli endocannabinoidi endogeni (anche questi non devono essere confusi con la cannabis) e forse (non c’è unanimità di consenso a tale proposito) potrebbe avere anche un’azione diretta sui recettori CB1 e CB2 (vedi articolo del 28/3/2009).
La palmitoiletanolamide NON è una cura per il glaucoma, ma può, in virtù delle sue proprietà farmacologiche già descritte, essere utile nei pazienti glaucomatosi come integrazione alimentare, complementare e non sostitutiva alla terapia ipotonizzante oculare, in quanto è “teoricamente” capace di interferire con alcuni meccanismi fisiopatologici che concorrono all’evoluzione della neurotticopatia glaucomatosa.
Spero che questa precisazione sia di utilità per chi è alla ricerca di informazioni serie e scientificamente corrette su questa molecola dalle interessanti proprietà farmacologiche.